“Ed ora che lo spread è calato, cosa si fa?”. Questo quesito, probabilmente, affligge buona parte degli investitori italiani, che recentemente, grazie al repentino calo del rapporto fra il BTP decennale e l’omologo BUND tedesco, hanno capitalizzato sostanziosi guadagni. Spesso, per coloro che hanno sottoscritto Buoni Pluriennali del Tesoro fra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, con mirabolanti rendimenti fra il 15/30%. Un peccato, di conseguenza, non capitalizzare una così corposa plusvalenza: nei prossimi anni, difficilmente sarà possibile replicare un simile profitto in un arco temporale così limitato.
Così si cela dietro alla repentina discesa dello spread?
D’altro canto, una discesa così rapida dello spread, passato da 300 bp a 140 bp in pochi mesi, non era stato preventivato da nessun operatore finanziario, neppure il più ottimista. A favorirla è stato, in primis, il mutato scenario economico europeo: la frenata della locomotiva tedesca, che ha accusato un -0,1% di crescita del PIL nel secondo trimestre del 2019 dopo anni di costante aumento, ha fatto scattare sull’attenti le istituzioni finanziarie. Un piccolo segnale che, accompagnato dalla discutibile politica dei dazi commerciali dell’amministrazione Trump, ha messo in guardia la Banca Centrale Europea, decisa a sostenere l’economia del Vecchio Continente. Il presidente Mario Draghi, come ultimo atto del suo mandato in seno all’istituto di Francoforte, ha deciso di ripristinare il Quantitative Easing, ovvero quella misura anticonvezionale che, grazie anche all’acquisto di titoli obbligazionari sul mercato secondario, cerca di immettere liquidità per evitare che l’economia finisca in recessione.
Oltre al Q.E., la massima istituzione finanziaria continentale ha optato per un ulteriore taglio dei tassi sui depositi, da -0,40% a -0,50%, un altro elemento che ha contribuito a rendere ancora più alti i prezzi dei corsi obbligazionari, deprimendone, di conseguenza, il rendimento finale. L’impatto, in termini di redditività, è stato negativo anche nel comparto obbligazionario investiment grade, i titoli emessi da società con un buon rating. Più in generale, l’intero comparto del cosiddetto mondo “free-risk” non offre profitti apprezzabili. Anzi, a breve termine i rendimenti sono negativi: un BTP decennale, ad esempio, non raggiunge l’1% di rendimento lordo, esponendo l’investitore a possibili forti oscillazioni del capitale investito, mentre l’omologo quinquennale non rende nulla. In questo contesto, di conseguenza, ogni investitore deve rivedere il proprio modus operandi, cambiando strategia di investimento e, soprattutto, diversificando al meglio le proprie risorse finanziarie.
Il mondo delle valute: dal Forex alle criptovalute, quali sono le opportunità?
Un’efficace soluzione è rappresentata dal trading telematico, che ha letteralmente modificato le abitudini di qualsiasi cittadino e settore economico. E anche la finanza, in tal senso, non ha fatto certo difetto, con sostanziosi vantaggi per gli utenti. Il mondo delle valute, ad esempio, è stato letteralmente modificato grazie ad Internet: leggi questo articolo sul Forex Trading Italiano per scoprire come questo comparto, grazie al trading online, abbia creato, spesso, valore aggiunto per coloro che hanno allocato parte dei propri risparmi in questo mercato. In un’ottica di diversificazione, quindi, investire una parte dei propri risparmi nel Forex può rappresentare un upgrade per la performance globale del proprio portafoglio finanziario.
Da “monete fisiche” a “monete virtuali“, il passo è breve. Negli ultimi anni, alcuni investitori hanno approcciato anche al mondo delle criptovalute, che nel prossimo anno, col probabile avvio della moneta virtuale di Facebook, Libra, potrebbero registrare una forte volatilità. Attenzione, quindi, alle oscillazioni di valore: queste monete, non essendo manovrate da una Banca Centrale, espongono a rischi non indifferenti, certamente più elevati del Forex.
Un mondo, quello delle criptovalute, che richiede prudenza, nonostante possa offrire potenzialità finora non compiutamente espresse: ad un investitore con un profilo di rischio aggressivo, è consigliabile non superare il 5/8% del valore complessivo dei propri investimenti. Prima di approcciare a queste tipologie di investimento, tuttavia, è consigliabile informarsi adeguatamente: la rete, grazie anche alla presenza di alcune guide affidabili, costituisce uno straordinario volano per aumentare la consapevolezza dell’investitore nelle proprie scelte finanziarie.